La responsabilità del costruttore/venditore in caso di rovina o difetti degli immobili
L’art. 1669 del codice civile prescrive la responsabilità a carico dell’appaltatore in caso di rovina o gravi difetti dell’immobile – causati da difetti della costruzione o vizi del suolo – che si manifestino entro dieci anni dal compimento dell’opera.
Secondo un orientamento di legittimità ormai consolidato, accolto anche dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. Civ., S.U., 3/2/2014, n°2284), tale responsabilità ha natura extra-contrattuale (contrariamente a quella prevista dall’art. 1667 c.c.), poiché la norma avrebbe lo scopo di tutelare l’interesse pubblico alla stabilità e solidità degli immobili di lunga durata, nonché di preservare l’incolumità e la sicurezza dei cittadini.
Ne deriva che, qualora vengano ravvisati gravi vizi, difetti o carenze strutturali dello stabile, tali da comprometterne o limitarne l’abitabilità, la funzionalità o il normale godimento, la colpa del costruttore è presunta (salvo prova contraria) ed egli ha l’obbligo di risarcire i danni.
La responsabilità dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1669 c.c. è “speciale” rispetto a quella generica contemplata dall’art. 2043 c.c.: quest’ultima ricorre in via residuale, qualora non sussistano in concreto le condizioni giuridiche per l’applicabilità della prima (ad esempio, in caso di danno manifestatosi oltre il decennio dal compimento dell’opera).
Presupposti di applicazione
Affinché possa essere fatta valere la responsabilità di cui all’art. 1669 c.c. è necessaria la sussistenza dei seguenti elementi:
- un bene immobile (qualsiasi opera attaccata al suolo) destinato a lunga durata (caratteristica intrinseca del bene);
- la rovina dell’opera già
avvenuta, che può essere:
- totale, nel caso di:
- disgregazione delle parti dell’immobile che ne formano la struttura necessaria alla sua stabilità;
- compromissione degli elementi essenziali dell’opera, tale da influire negativamente sulla durata e la solidità della stessa;
- parziale, se è relativa ad alcune strutture dell’opera indispensabili per la sua stabilità od utilizzazione;
- totale, nel caso di:
- o l’attuale pericolo di rovina nell’immediato futuro: l’opera presenta alterazioni – rilevabili da un esperto – tali da determinare la rovina della stessa entro un lasso di tempo determinato;
- esistenza di gravi difetti della costruzione che pregiudichino la caratteristica della “lunga durata”.
In merito a quest’ultimo aspetto, la giurisprudenza ha dibattuto a lungo sulla nozione di “grave difetto”, nella quale rientrerebbero tutti i vizi che incidano sugli elementi essenziali dell’immobile.
Mentre l’orientamento minoritario fornisce un’interpretazione restrittiva della norma, individuando come elementi essenziali dell’immobile unicamente le sue strutture portanti, l’orientamento maggioritario, al contrario, comprende nella suddetta definizione anche gli elementi accessori che limitino in maniera apprezzabile il godimento e la funzionalità dell’opera (Cass. Civ., 3/1/2013, n°84; Cass. Civ., 29/4/2008, n°10857; Cass. Civ., 8/5/2007, n°10533; Cass. Civ., 4/11/2005, n°21351; Cass. Civ., 28/4/2004, n°8140).
I vizi e i difetti dell’immobile, dunque, non si identificherebbero solo con i fenomeni influenti sulla staticità, durata e conservazione dell’edificio, ma riguarderebbero anche l’impermeabilizzazione, i rivestimenti, le condutture, gli infissi, la pavimentazione, gli impianti termici/idraulici/elettrici, ecc. e ogni altra alterazione che incida sulla struttura e funzionalità globale dell’edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile. (Cass., sez. II, 03/01/2013, n. 84).
L’azione risarcitoria
Contrariamente alle azioni che il committente può intraprendere a garanzia dei propri diritti per i vizi e le difformità dell’opera (per leggere l’articolo relativo clicca qui), l’azione prevista dall’art. 1669 del cod. civ. è diretta solo ad ottenere il risarcimento del danno.
L’ammontare del medesimo varia in proporzione alla natura e alla gravità dei difetti dell’immobile. Pertanto il risarcimento, in caso di:
- rovina totale dell’immobile, è pari all’intero valore di quest’ultimo;
- rovina parziale, è pari al valore della parte crollata;
- pericolo di rovina, va commisurato al costo dei lavori necessari per eliminare il pericolo stesso. Se ciò non è possibile, il risarcimento sarà pari al costo dei lavori per costruire un altro edificio con le stesse caratteristiche.
- gravi difetti, è pari alla differenza tra il valore che l’immobile avrebbe senza difetti e quello che realmente ha con gli stessi.
Ci sono altri rimedi esperibili oltre al risarcimento?
Secondo la giurisprudenza sì: all’appaltatore può essere richiesto, alternativamente:
- di eseguire direttamente le opere necessarie ad eliminare i vizi;
- di pagare una somma di denaro corrispondente al costo dei lavori.
Quali sono i soggetti legittimati attivi e passivi dell’azione di risarcimento del danno?
Sicuramente i soggetti legittimati attivi (coloro che hanno diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla rovina o dai difetti dell’immobile) sono il committente e i suoi aventi causa, come specificato dall’art. 1669 c.c.
Questi ultimi sono coloro che subentrano a titolo derivativo nella proprietà dell’immobile (i soggetti che acquistano dal committente originario). Pertanto, anche il condominio può essere considerato un soggetto legittimato attivo.
Tra i legittimati passivi (i soggetti chiamati a risarcire i danni), invece, l’appaltatore è l’unica figura prevista espressamente dalla norma in questione, ma la giurisprudenza è in disaccordo in ordine agli altri soggetti coinvolti nella costruzione dell’immobile.
Secondo un orientamento, legittimati passivi sarebbero anche:
- il costruttore – venditore;
- il progettista;
- il direttore dei lavori;
- lo stesso committente.
La responsabilità extracontrattuale del primo è volta a tutelare i soggetti che acquistano l’immobile direttamente dai costruttori edili (quando non vi è un committente). Egli va escluso da ogni responsabilità solo se abbia appaltato la costruzione dell’immobile ad un altro soggetto.
Il fine di “ordine pubblico” perseguito dalla norma è quello di evitare che ai suddetti acquirenti si applichi la disciplina della compravendita, contraddistinta da termini più brevi per far valere la garanzia dei vizi dell’immobile.
In merito alla responsabilità del progettista e del direttore dei lavori, alcuni la escludono integralmente, facendola ricadere solo sull’appaltatore; altri, invece, ritengono vada commisurata agli errori direttamente o indirettamente ascrivibili ad essi.
Infine, una parte della dottrina ritiene che nel caso in cui l’appaltatore sia un mero esecutore del committente, quest’ultimo possa essere ritenuto il vero costruttore e quindi chiamato a rispondere dei danni di cui all’art. 1669 c.c.
Altri, tuttavia, ritengono che egli, in questa circostanza, sarebbe responsabile contrattualmente, ai sensi dell’art. 2049 c.c., per i danni subiti dai terzi.
I termini di prescrizione e decadenza
L’art. 1669 cod. civ. prescrive nei confronti del committente e dei suoi aventi causa tre termini collegati tra loro, il cui mancato rispetto fa venir meno il diritto all’azione di risarcimento del danno:
- la rovina dell’immobile o la manifestazione dei vizi devono avvenire entro 10 anni dal compimento dell’opera. Secondo la giurisprudenza tale termine decorre dal giorno di accettazione dell’opera da parte del committente (o dalla presentazione del verbale di ultimazione negli appalti pubblici);
- la denuncia degli stessi deve avvenire entro 1 anno dalla scoperta, cioè da quando il committente venga a conoscenza della reale consistenza dei difetti e della loro causa. Nei casi in cui sia necessario esperire una perizia, il termine decorre dall’acquisizione della relazione da parte del consulente tecnico;
- l’azione diretta a far valere la responsabilità dell’appaltatore e degli altri legittimati passivi si prescrive entro 1 anno dalla denuncia dei vizi o dei difetti.
IN SINTESI
Ai sensi dell’art. 1669 c.c. l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente (e dei suoi aventi causa) per la rovina o per i gravi difetti dell’immobile – causati da difetti della costruzione o vizi del suolo – che si manifestino entro dieci anni dal compimento dell’opera.
Tale responsabilità, secondo le Sezioni Unite della Cassazione, ha natura extra-contrattuale, a differenza di quella per vizi e difformità dell’opera, poiché la norma avrebbe lo scopo di tutelare l’interesse pubblico alla stabilità e solidità degli immobili di lunga durata, nonché di preservare l’incolumità e la sicurezza dei cittadini.
Legittimati attivi sono il committente e i suoi aventi causa, mentre i legittimati passivi sono l’appaltatore e, secondo parte della giurisprudenza, anche il costruttore-venditore, il progettista, il direttore dei lavori e (a volte) lo stesso committente.
L’art. 1669 c.c. prescrive nei confronti del committente e dei suoi aventi causa tre termini collegati tra loro, il cui mancato rispetto fa venir meno il diritto all’azione di risarcimento del danno:
- la rovina dell’immobile o la manifestazione dei vizi devono avvenire entro 10 anni dal compimento dell’opera;
- la denuncia degli stessi deve avvenire entro 1 anno dalla scoperta;
- l’azione diretta a far valere la responsabilità dell’appaltatore e degli altri legittimati passivi si prescrive entro 1 anno dalla denuncia dei vizi o dei difetti.
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