La durata dei diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica

Nel precedente articolo sui diritti degli autori e del produttore sull’opera cinematografica (clicca qui per leggerlo), abbiamo visto come la Legge sul diritto d’Autore (artt. 45 e 46) preveda il diritto esclusivo del produttore di sfruttare l’opera cinematografica, nonché di riprodurre, distribuire, noleggiare e vendere gli originali e le copie dell’opera stessa (cf. “diritti secondari”).
Questi ultimi diritti potranno essere esercitati dal produttore per un periodo di 50 (cinquanta) anni dalla prima pubblicazione o, se anteriore, dalla prima comunicazione al pubblico (art. 78 ter della L.D.A.).
Al fine di poter esercitare tale diritto, il produttore ha l’obbligo di ottenere il preventivo consenso scritto, da parte degli autori del soggetto, della sceneggiatura, della musica e della direzione artistica (art. 46, 2° comma e 46 bis della L.d.A.).
In assenza di tale accordo di cessione dei diritti, il produttore è impossibilitato ad esercitare appieno anche i diritti esclusivi che la L.d.A. gli riconosce.
La durata del diritto di sfruttamento dell’opera
Quindi, la durata di sfruttamento dei diritti secondari, da parte del produttore, è di 50 anni dalla prima pubblicazione o, se anteriore, dalla prima comunicazione al pubblico.
Ma qual è la durata del diritto (“primario”) di sfruttamento dell’opera cinematografica?
Uno Youtuber, citato in giudizio dall’azienda di produzione cinematografica Ripley’s film s.r.l. – poiché accusato di aver illecitamente pubblicato, sul proprio canale YouTube, alcuni frammenti del film “47 morto che parla”, pubblicato nel 1950 – riteneva che fosse la stessa (50 anni) prevista per lo sfruttamento dei diritti secondari.
La Ripley’s film, dichiaratasi titolare dei relativi diritti di sfruttamento della predetta opera, chiedeva al giudice che ordinasse la rimozione del video, il blocco del canale YouTube del L.M. ed il suo oscuramento.
La massima della Corte di Cassazione
All’esito dei tre gradi di giudizio la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 14117 del 23/05/2023 (clicca qui per leggerla), forniva una corretta interpretazione delle norme sopra indicate, chiarendo, nella propria massima, che:
- la legge attribuisce la contitolarità dell’opera cinematografica – e, quindi, la pubblicazione e lo sfruttamento dei diritti di utilizzazione economica della stessa – all’”autore del “soggetto”, all’”autore della sceneggiatura”, all’”autore della “musica” (quando è composta appositamente per l’opera cinematografica), al “direttore artistico” (regista);
- al produttore spetta, in via esclusiva, l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica, solo in seguito alla cessione, da parte degli autori, della titolarità degli stessi diritti;
- la durata di 50 anni dalla prima pubblicazione o, se anteriore, dalla prima comunicazione al pubblico (art. 78 ter L.d.A.), nei quali il produttore ha il diritto di sfruttare l’opera, è relativa solo ai i c.d. diritti connessi (o secondari), che sono attribuiti dalla legge direttamente al produttore cinematografico e che tutelano non l’opera creativa in sé, ma l’attività di fissazione della stessa su un supporto materiale;
- una volta acquisiti dal produttore i diritti “primari” di sfruttamento cinematografico dell’opera, la durata di tale “esercizio”, da parte del produttore, è fino a 70 (settanta) anni dopo la morte dell’ultima persona sopravvissuta fra i coautori.
Ne deriva, secondo la Corte, che l’opera cinematografica “47 morto che parla”, diffusa dallo YouTuber, non fosse caduta in pubblico dominio dopo 50 anni dalla sua pubblicazione, poiché l’acquisto dagli autori del diritto di utilizzazione economica della stessa opera, da parte del produttore, attribuisce a quest’ultimo il diritto di sfruttamento dell’opera fino a 70 anni dopo la morte dell’ultimo dei coautori.
Infatti, la diversa tutela per la durata di 50 anni vale solo per l’esercizio dei diritti secondari, attribuito direttamente al produttore, connesso ai supporti materiali su cui è stata impressa l’opera.